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Usa, è scontro tra medici e aziende sul trapianto di microbiota

Gastroenterologia Redazione DottNet | 06/03/2019 12:30

Gastroenterologi a Fda, non va considerato come un farmaco

 La terapia fatta con il trapianto di microbiota umano (cioè l'insieme dei batteri intestinali, estratto e purificato dalle feci di individui sani) è un farmaco o è più simile a organi, tessuti e prodotti del sangue trasferiti da persone sane a quelle malate? E' la battaglia che negli Usa vede scontrarsi medici e associazioni di pazienti contro le aziende farmaceutiche, come segnala il New York Times. Il trapianto di microbiota si è mostrato efficace per il trattamento delle diarree croniche di origine batterica (causate dal Clostridium difficile), un'infezione che ogni anno colpisce mezzo milione di americani e ne uccide 30.000. Una terapia che secondo i ricercatori potrebbe essere usata anche per altre malattie, dal diabete al cancro. Sapere se è un farmaco o no serve alla Food and Drug Administration (Fda), l'agenzia Usa che regola i farmaci, per deciderne i costi e a chi vanno i profitti.

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Nel 2013 l'Fda aveva preso una decisione provvisoria, considerandolo come un nuovo farmaco, rimandando quella definitiva più in là. Una scelta criticata da molti perché basata su dati vecchi e destinata a far salire i costi per i malati. In gioco, secondo molti ricercatori, c'è il futuro delle terapia innovative che sfruttano il microbiota umano. Visto che la decisione finale dell'Fda si avvicina, oltre 40 gastroenterologi e infettivologi hanno scritto all'agenzia chiedendo di ripensare alla sua scelta. Alexander Khoruts, dell'Università del Minnesota, teme che si vogliano favorire le aziende che cercano modi nuovi per mettere principi attivi nelle feci trapiantate. Tre di queste imprese, riferisce il quotidiano Usa, hanno raccolto milioni di dollari da investitori e formato un'associazione per rappresentare i loro interessi presso l'Fda. Secondo alcune stime, il mercato dei farmaci per le terapie delle infezioni da Clostridium difficile dovrebbe arrivare a 1,7 miliardi di dollari entro il 2026, contro i 630 milioni del 2016

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